CovidTime: gruppo, identità e comunità

CovidTime: gruppo, identità e comunità

Negli ultimi mesi il dibattito nazionale si sta focalizzando (finalmente!) sulla condizione giovanile, in particolare sulle conseguenze psicologiche e sociali del distanziamento e dell’isolamento imposti dalla pandemia. In un’età, quella tra gli 15-20 in cui il gruppo è un elemento fondamentale di definizione della propria identità e di attivazione rispetto alla comunità, abbiamo chiesto ai giovani di tre Siti YEPP come hanno vissuto questa dimensione. 

Da Bivongi, in Calabria, Mariapia e Aleandro, entrambi diciottenni, raccontano la fatica di un gruppo eterogeneo (dai 15 ai 30 anni) dove l’impossibilità di frequentarsi e organizzare eventi ha minato la partecipazione.

Aleandro: I periodi bui succedono anche nelle amicizie. Ci sono gruppetti che magari esistevano prima e ora con questa situazione sono riemersi. Si sono uniti i legami già forti e persi quelli meno, anche perché ognuno ha delle preferenze, come carattere e per passioni. Le cose sono cambiate nel momento in cui provi a riallacciare i rapporti: online hai più timore nel parlare e non sai come può reagire l’altro, ad esempio ad una battuta, dato che l’amicizia non è più forte.  Forse se avessi avuto il gruppo YEPP come prima, sarei stato più sicuro. Forse saremmo un po’ diversi”.

Mariapia: Se non fosse successa la pandemia sarei stata più attiva perché avevo preso un incarico in un progetto con YEPP Italia. Si è un po’ addormentata quella che era la nostra routine come gruppo. Siamo più motivati a fare cose se ci incontriamo al Centro Giovani. Dipende anche dal posto in cui viviamo: gli eventi che facevamo erano rivolti a persone che non sono fatte per il web, che non sono abituate ai social”.

Aleandro:YEPP per noi significa soprattutto la promozione sociale perché viviamo in un paese che sta morendo: noi giovani cerchiamo di salvare il salvabile. Una delle poche cose fatte quest’anno (un contest per pitturare la parete del Centro Giovani)  ha centrato perfettamente questo obiettivo: far conoscere il territorio e farci conoscere da qualcuno che non ci conosceva”.

Da Albenga, in Liguria, per Elisa e Nicole ( rispettivamente 19 e 17 anni) a mancare sono la dimensione del gruppo e in particolare quella dello stare insieme fisicamente: un aspetto emerso in modo del tutto inaspettato.

Elisa: Di sicuro la mia percezione del gruppo è cambiata: stare sempre a casa, da soli, vedere solo la famiglia dopo un po’ è pesante. Vedersi solo online è un po’ opprimente. Non c’era una gran voglia di essere presenti, più che altro diventa un’abitudine vedersi per parlare. Questi periodi di lockdown sono stati momenti di riflessione, stress, scuola a distanza. Il gruppo YEPP, soprattutto il teatro, mi aiutava perché con loro è più facile rapportarmi e parlare. Il teatro crea un rapporto intimo con l’altro”.

Nicole: Se non hai un legame col gruppo, non hai una grande spinta a partecipare. Il pensiero di doversi collegare dopo tutta una giornata al computer per la scuola diventa faticoso, se non c’è una spinta legata all’amicizia. Avere il Centro giovani, attività da svolgere, più fisiche, la saletta musica, il divano dove ci sedevamo per chiacchierare ci rendeva più uniti. Stare davanti ad uno schermo è diverso. Mi sono resa conto di quanto cose come andare a scuola o bere una birra con gli amici sono importanti. A livello personale comunque non credo di essere cambiata troppo”.

Per entrambe sono stati gli spazi di espressione (fisica e mentale) a venir meno con la pandemia e che la dimensione del gruppo riusciva a garantire e assorbire.

Nicole: Sembrerà una cavolata, ma suonare il pianoforte al Centro Giovani mi manca. Mi ero abituata a quell’ambiente. Nel gruppo di teatro sei libero di fare cosa vuoi, nessuno ti giudica. Già YEPP è uno spazio di libertà, ma col teatro questa dimensione raddoppia, puoi esprimere le cose più intime, lavorarci su. L’online non può restituire la dimensione fisica, il contatto del teatro: il vedersi per intero, il tono della voce e il modo di esprimersi non è lo stesso. Anche lo spazio: ci sono persone che hanno una casa stretta, non sanno come fare gli esercizi”. 

Anita, 19enne di Loano, sempre in Liguria, vede invece positivamente alcuni aspetti introdotti dalla tecnologia nella dinamica di gruppo: “Ci riusciamo ad organizzare meglio, può essere utile per riflettere su cosa si sta facendo per poi operare in modo più consapevole. Adesso che siamo tutti a casa e non si può fare qualcosa di concreto, possiamo avere più tempo per riflettere, prima si cercava di fare sempre, era più difficile fermarsi a riflettere. Dal mio punto di vista, c’è più voglia di informarsi che magari prima non c’era, forse la quotidianità di fare le cose, la frenesia ci portava a fare le cose un po’ così. A me ha portato ad una ricerca vera”.

Rispetto alla dinamica di funzionamento nel gruppo, secondo Anita "i ragazzi sono diventati tutti “un po’ più seri. Mi sembra abbiano una maggiore volontà e serietà nel fare le cose”. Mentre di se stessa racconta : “Mi sento molto diversa, faccio YEPP con maggiore importanza. Prima era tra le tante cose che facevo. A settembre quando mi hanno chiamata per chiedermi se volevo partecipare ho voluto farlo perchè stiamo tutti facendo meno cose. Se non ci fosse stato il Covid forse sarei in un’altra città, adesso sono qui e voglio farlo. È cambiato il mio modo di fare YEPP e pensare a YEPP.

Il fatto che siamo di meno mi fa pensare che YEPP dipende solo da noi in questo momento. Mi sembra di avere il compito di portarlo avanti. In questo periodo è più facile organizzarsi come gruppo, ma ovviamente il modo di viverlo è diverso. Guardarsi, essere in una stanza, l’umanità delle persone, sono cose primarie che mi mancano, un bisogno. Spero che riusciremo ad uscire da questa situazione più rafforzati”.